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È SOLO UN FILM...O FORSE NO?
Università Statale di Milano
“To avoid fainting keep repeating, it’s only a movie, only a movie, only a movie, only a movie...” è l’ossessivo e incalzante réclame che anticipa la proiezione del brutale film d’esordio del maestro dell’horror Wes Craven, “L’ultima casa a sinistra” del 1972. Più noto per i successivi “Nightmare”(1982) e “Scream”(1996), Craven si ispira a sua volta a “La fontana della vergine” (1960), vincitore del Premio Oscar come miglior film in lingua straniera del regista svedese Ingmar Bergman. La trama è cruda e violenta, senza alcun lieto fine. Parla di rapimento, di torture sadiche e barbare, di femminicidio e, infine, anche di vendetta a opera dei genitori delle vittime. Violenza che contamina e genera altra violenza, senza via d’uscita, dal quale lo spettatore ne è irrimediabilmente disgustato ma anche attratto.
Davanti a questa visione, Fabrizio Dusi (Sondrio, 1974) non può restare indifferente. L’artista pop-concettuale, che è solito farsi ispirare nella sua arte da ciò che lo circonda, citando spesso opere cinematografiche, musicali, letterarie e teatrali (come nel caso della mostra “All that glitters is not gold”, presso la storica sede della Banca Cesare Ponti a Milano, banca private di BPER Banca, il cui aforisma fa riferimento a “Il Mercante di Venezia” di William Shakespeare), fa suo il claim ripetitivo e angoscioso di Craven, apponendovi una piccola ma fondamentale modifica.
Quante volte, guardando il notiziario alla televisione, ascoltando la radio o leggendo i quotidiani, vi è capitato di pensare “sembra proprio un film”? Terribili attacchi terroristici, spaventose guerre e genocidi, crisi sanitarie, catastrofi naturali, povertà estrema che provocano disperati tentativi di fughe in mare spesso con drammatiche conseguenze per i migranti, e ancora violenze di genere, stupri, femminicidi, i morti sul lavoro, la condizione dei detenuti nelle carceri, fino a episodi – solo in apparenza innocui – che minacciano i valori della democrazia. Fotogrammi di una realtà tragica e commovente, quella in cui oggi viviamo, e che ogni giorno ci fanno pensare che, purtroppo, “it’s (not) only a movie”. Quel “not” tra parentesi è il guizzo artistico di Fabrizio Dusi, una riflessione concreta e profonda sulla società presente, un invito a non restare indifferenti, a tenere sempre alta l’attenzione, a conoscere e a non dimenticare ciò che è ed è stato per fare in modo che la storia non si ripeta, orientando un futuro migliore. Il neon blu “IT’S (NOT) ONLY A MOVIE”, volutamente maiuscolo per rimarcare forte il messaggio, è un grido asciutto, versatile e universalmente applicabile a ogni contesto del reale. Ciascun individuo, in base alle proprie esperienze, legge e recepisce l’effetto di queste parole. Parole caustiche, brevi e incisive, taglienti come lame, che lasciando sconcerto ma che, per qualche curioso motivo, diventano anche rassicuranti, infondono pace, poesia intorno. “Faccio arte per comunicare sembra banale ma è così, è anche un modo per farsi ascoltare.” Per Dusi, l’artista ha la possibilità e, quindi, il dovere di lanciare dei messaggi, di capire quello che succede nel suo presente e di darne una propria libera interpretazione, al di là del marketing facile. Il suo desiderio è di arrivare direttamente al cuore delle persone. Fabrizio Dusi non è nuovo ai moniti d’impatto sociale e culturale, spesso in difesa dei diritti umani. È suo, infatti, il neon luminoso “MAI PIU’ FASCISMO” (2019) alla Fondazione Feltrinelli di Milano realizzato in occasione del centenario della nascita del fascismo (23 marzo 1919), come “EVEN SHADOWS CAST LIGHT” (2019) all’Università di Padova. È suo anche il neon blu “LA MEMORIA RENDE LIBERI” presentato al Memoriale della Shoah del Binario 21 in Stazione Centrale nel 2018 e, poi, donata come opera permanente all’Istituto Nicola Moreschi (2023) e l’installazione rossa “DON’T KILL” (2017) che buca la finestra della Casa della Memoria, tutte a Milano, città dove vive e lavora. L’opera di Fabrizio Dusi è stata concepita e realizzata appositamente in occasione dell’inaugurazione della mostra interattiva “Complottismo, Fake News e Altre Trappole Mentali”, visitabile dal 5 al 22 febbraio 2024, e organizzata e promossa dal Dipartimento di Filosofia dell’Università Statale di Milano, presso le due nuove sale del Museo della Filosofia (Via Festa del Perdono, n. 7) dedicate alla filosofia della (dis)informazione.
Foto Massimo Chisari |